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sabato 7 gennaio 2012

A tutti coloro che dovrebbero essere responsabili

Anche umiliato, mio padre operaio odorava di dignità

Scritto il 04/10/10 • nella Categoria: idee

Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera. Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica. L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo. L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie. L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università. L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro. L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.

Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare padre operaiola globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro. Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del professor Mario Deaglio.

Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori operairichieste della controparte (teoria ripetuta dal professor Deaglio a “Radio 24” tra le 17,30 e la 18,00 di martedì 27 luglio 2010).

Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria. Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino. Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia. Era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis. Odorava di dignità.

(Luca Mazzucco, “Lettera del figlio di un operaio”, dal sito del Movimento per la Decrescita Felice, www.decrescitafelice.it).
A nome di tutti i figli degli operai ringraziamo Luca per le parole profonde che condividiamo anche se non siamo figli di operai.

giovedì 1 settembre 2011

Come una notizia può disinformare


ALIMENTAZIONE
Galline a terra o in gabbia
le uova sono sempre le stesse
Una ricerca pubblicata su Poultry science mostra che le proprietà qualitative non cambiano: identici i livelli di vitamine e colesterolo. Leggere differenze solo nel contenuto di grassi e di beta-carotene. Il test eseguito su un campione di 400 esemplari

Galline a terra o in gabbia le uova sono sempre le stesse
ROMA - Per gli animalisti e per i cultori dell'agricoltura tradizionale sarà una delusione. Le galline che vivono in libertà - magari nell'aia di una fattoria - e quelle allevate in gabbia depongono uova con le stesse proprietà qualitative. La vita all'aria aperta, insomma, non fa la differenza. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Poultry science da alcuni ricercatori della North Carolina State University, guidati da Kenneth Anderson.

I ricercatori hanno esaminato le uova deposte a 50, 62, e 74 settimane di età da 400 galline - alcune allevate a terra, altre in gabbie - sottoposte a un'identica alimentazione. I test sono stati eseguiti in quattro diversi laboratori specializzati. L'obiettivo era rilevare i livelli di acidi grassi, di colesterolo e di vitamine A ed E contenuti in ognuna.

Dagli esami è emerso che, nonostante il contenuto di grassi totali fosse leggermente più alto nelle uova delle galline allevate in libertà e le uova da gabbia fossero risultate leggermente più ricche in beta-carotene, i livelli di colesterolo e delle vitamine A ed E risultavano del tutto equivalenti. "Alla luce dei dati ottenuti - spiega Anderson - non può essere stabilito un significativo vantaggio nutrizionale delle uova prodotte da galline allevate a terra contro quelle delle galline cresciute in gabbia".

Lo studio, comunque, promuove le uova sul piano delle qualità nutrizionali. E sottolinea che contengono un livello di colesterolo più basso rispetto a quanto finora previsto dal ministero dell'agricoltura degli Stati Uniti. Anche in questo caso, comunque siano state deposte. Nelle linee guida americane, dunque, il livello di colesterolo è stato rivisto e abbassato da 213 a 185 milligrammo per ogni uovo.

Perchè DISINFORMA?
La ragione è semplice nello studio si parla di allevamento a terra, ma non si specifica cosa si intende, sicuramente considerando gli standard tecnici a "terra" significa chiuso in un capannone su di un pavimento di cemento, e bene che vada, ricoperto di paglia per assorbire le deiezioni del ciclo di allevamento. Capite bene che in questa situazione la differenza con la gabbia è nulla. Diverso sarebbe un allevamento all'aria aperta con animali che pascolano su un prato liberi di catturare le prede naturali e di integrare la dieta artificiale con erba verde, bacche e quant'altro. In queste condizioni secondo voi i risultati sarebbero gli stessi? Io credo proprio di no e mi attiverò per dimostrarlo, avvieremo a breve uno studio su tale esperienza e vi terrò aggiornati. A presto e buona navigazione a tutti.

mercoledì 11 maggio 2011

Nuova interessante uscita in libreria

Italiani sta per uscire in questi giorni in libreria un interessante romanzo di un autore italiano di noir che merita di essere letto.

L'Italia noir di Massimo Carlotto
viaggio tra le ombre del Nordest

Arriva in libreria "Alla fine di un giorno noiso", il nuovo romanzo dello scrittore. Torna il personaggio di Giorgio Pellegrini, già conosciuto dieci anni fa in "Arrivederci amore, ciao". Il malaffare, la corruzione, la criminalità organizzata che si infiltra nel tessuto industriale del Veneto. "Tutte piaghe legali nel sistema produttivo. Per questo la magistratura fatica a metterci un argine".

 Breve trama:

GIORGIO Pellegrini si è ripulito. L'ex criminale con un passato politico che ha accumulato ricchezze con le rapine ora è proprietario di un locale in una città del Veneto, ritrovo di politici e imprenditori collusi con il malaffare degli appalti. Intorno, un giro di escort con cui Pellegrini arrotonda. Lo avevamo lasciato in Arrivederci amore, ciao, lo ritroviamo in Alla fine di un giorno noioso, il nuovo romanzo di Massimo Carlotto (edizioni E/O, in uscita l'11 maggio). Il maestro del noir mediterraneo ripropone un personaggio nel quale è sempre pronta a risvegliarsi un'anima predatrice e violenta. Così accade quando si trova coinvolto in una truffa (animata da un onorevole della maggioranza di governo) e in breve precipita in una storia di omicidi e ricatti. Un romanzo adrenalinico, un affresco drammatico della società del Nordest e della sua parte torbida. Fra i colpi di maglio che Pellegrini assesta, c'è il ritratto di una terra piena di contraddizioni.

Ci sono tutti gli ingredienti per un sicuro successo, complimenti Massimo.


 

domenica 1 maggio 2011

Pulizia? no grazie, parte seconda

Continuiamo a dare piccole perle di saggezza scientifica.........
 
Dormite di meno. Anche i benefìci delle otto ore di riposo notturno sono sopravvalutati. "Si tratta di una convenzione moderna che può lasciare persino più stanchi - spiega il professore Jim Horne, del Centro di ricerca sul sonno della Loughborough University - un sonnellino di un quarto d'ora può essere più riposante di un'ora di sonno notturno. Millenni fa, le persone facevano un sonno di circa due ore nella prima serata, seguito dalla cena, a sua volta seguita da attività di interazione. L'ora del risposo notturno arrivava intorno a mezzanotte: a quel punto si dormiva per tre-quattro ore ininterrottamente, prima delle preghiere e dell'accensione del fuoco". Un altro luogo comune da sfatare è quello secondo cui, se non si riesce a prendere sonno, bisogna restare a letto: "Molto meglio alzarsi e leggere un libro, fare un puzzle o qualcos'altro di rilassante finché il nostro corpo non ci dice che è pronto per dormire", aggiunge Horne. "In effetti le classiche otto ore di sonno sono solo un ricordo - spiega il direttore del Centro di Medicina del sonno del San Raffaele di Milano e segretario dell'Aims (Associazione italiana di medicina del sonno), Marco Zucconi - e possono diventare un'ossessione, specie per chi soffre di insonnia. Il fabbisogno di sonno è individuale e geneticamente determinato o influenzato dal nostro orologio biologico: dunque è opportuno dormire fin quando ci sentiamo riposati, senza dare eccessiva importanza alla quantità (dalle 9-10 ore dei cosiddetti long sleepers alle 4-5 degli short sleepers). Horne però afferma che 15 minuti di "nap" (sonnellino) sono ristoratori quanto il sonno notturno. Io arriverei fino a 30. Dopo, subentra l'inerzia del sonno ed è più difficile il risveglio e la buona funzionalità complessiva".

venerdì 29 aprile 2011

Pulizia? no grazie

Ecco finalmente una buona notizia che giustifica una certa ancestrale repulsione all'igiene da parte di alcune persone.

Lavatevi poco, dormite di meno
certe abitudini non sempre fanno bene
Dalle ore di sonno alla posizione da assumere quando si va in bagno: sette studi smentiscono i luoghi comuni che accompagnano la nostra routine, in questo breve viaggio a puntate raccogliamo alcune considerazioni della ricerca scientifica.

COLLAUDATE e rassicuranti, le "buone abitudini" quotidiane a guardia della nostra salute potrebbero non essere così utili. Una doccia al giorno, ad esempio, leva sì di torno le cellule morte, ma anche i nutrimenti della pelle, e le famose otto ore di sonno cui tutti aneliamo non sempre sono necessarie. A smantellare i luoghi comuni che pilotano la nostra routine ci hanno pensato sette studi condotti da altrettanti prestigiosi istituti di ricerca.

Andiamo con ordine, oggi iniziamo dal primo.

Piano con la doccia. La prima ricerca, condotta dalla Cranley Clinic di Londra, si concentra sulla doccia. E spiega che lavaggi troppo frequenti, lunghi e caldi, con bagnoschiuma aggressivi, rischiano di eliminare dalla pelle i suoi olii naturali e alterarne il ph. "Per la maggior parte delle persone non c'è bisogno di una doccia al giorno - spiega il dermatologo Nick Lowe - anzi, così facendo si corre il rischio di infezioni". "E' vero, troppe docce non fanno bene alla pelle - conferma il dottor Giulio Franceschini, specialista in dermatologia e direttore sanitario di Villa Salus Medical Skin & Antiaging Center - perché lavandola tutti i giorni si elimina il film idrolipidico che la protegge e quindi si rischia di distruggere la prima barriera corporea. Lavarsi tutti i giorni inoltre predispone l'epidermide ad allergie da contatto e funghi che, senza questa barriera, possono moltiplicarsi piu facilmente". A chi fa un lavoro particolare o pratica sport quotidianamente e ha l'esigenza di lavarsi spesso, l'esperto consiglia di usare saponi
che non contengano né tensioattivi né alcali e che lavino per affinità con la pelle, non per contrasto. Da usare anche creme idratanti post doccia e shampoo, il tutto non aggressivo e a ph basso.

sabato 16 aprile 2011

Una sola parola per tutto questo.

Ammetto che non è farina del mio sacco ma la condivido il pieno.
Grazie Carlo

"Vergogna"

"(Dal latino verecundia, collegato a vereor, avere timore e riverenza). Il turbamento derivante dall'avere compiuto un atto lesivo dell'onore e della rispettabilità. 
La vergogna come sentimento sociale nasce e si sviluppa nelle culture che danno valore politico al giudizio che la collettività dà delle persone e dei loro comportamenti. E' questo giudizio  -  di apprezzamento oppure di sanzione, di onore o di disonore  - insieme ai valori comuni su cui si fonda, il vero legame che struttura quelle società. Conservare il proprio onore è, in questi contesti, il primo dovere pubblico di ciascuno; e la vergogna è appunto la percezione insopportabile che la propria immagine pubblica è lesionata dalla perdita dell'onore e del rispetto degli altri.

Le culture politiche occidentali moderne  -  a differenza dal mondo greco arcaico e da quello orientale  -  tendono a rimuovere la vergogna dal centro della scena politica, e a sostituirla con il rispetto non tanto di valori quanto di leggi positive impersonali. Il giudizio da temere non è, in questi ambiti, quello della comunità, ma quello della magistratura; alla coppia onore/disonore si sostituisce quella di legale/illegale.    La maggiore libertà di comportamento dell'individuo va di pari passo con la maggiore formalizzazione della politica, che tende a esaurirsi nel diritto. Per essere buoni cittadini è sufficiente non infrangere la legge.

In realtà, la semplice legalità non è un legame sociale sufficientemente coesivo. Perfino le democrazie moderne, che garantiscono grande libertà individuale, esigono che i comportamenti dei singoli  -  soprattutto, come afferma la Costituzione (art. 54), di coloro che rivestono cariche politiche  -  siano non soltanto legali ma anche esercitati con onore. Il che significa che dai politici si esige un'immagine pubblica  -   informata a valori come il decoro, la dignità, il senso del dovere e del servizio  -  e che la collettività è eventualmente in grado di sanzionare, con la riprovazione sociale che dovrebbe indurre vergogna, i responsabili  di atti disonorevoli."